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Con questo nuovo volume di versi, Aldo Nove affronta la fine della memoria: dunque non la fine di un secolo, ma la fine del senso del passato, di una continuità rassicurante. E con la fine della memoria, con la progressiva scomparsa del passato, diventa sempre più flebile anche la nostalgia. Dunque, una riflessione sul tempo. Il tempo privato e storico da un lato, il tempo cosmico e geologico dall'altro. Il residuo nostalgico in dissolvimento ("il fuoco del tramonto / non ha fine per chi lo abita") e un'entità ritmica, puro movimento, con cui fare i conti. I due fuochi si lambiscono nel flusso alternato dei versi, divisi in due serie parallele che si rincorrono. I due fuochi si toccano soprattutto nel gusto e nelle capacità (dove Nove è inarrivabile) di far collidere l'immensamente grande con il molto piccolo. In questo libro di Aldo Nove, non può non esserci autobiografia, luoghi e stupori d'infanzia. Ma sono ricordi come svaporati nell'universo, senza più un senso identitario, apparizioni fantasmatiche che si mescolano con concrezioni materiche di ere passate. Il rimpianto dell'io-ieri diventa evocazione del tutto-sempre.
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