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Il racconto lucido e coraggioso delle violenze e delle umiliazioni subite dalle donne berlinesi dopo la caduta del Terzo Reich. Il dramma di non poterlo gridare, della vergogna ma anche del senso di colpa e punizione di un popolo che scopriva gli orrori del nazismo. «Sì, la guerra avanza rombando verso Berlino. Ciò che ieri era ancora un brontolio lontano, oggi è un tambureggiare continuo... Viviamo dentro un cerchio di bocche di fuoco che si restringe di ora in ora». Si apre con queste immagini il diario tenuto a Berlino da una giovane donna tedesca nelle drammatiche settimane che videro la conclusione del conflitto, l'arrivo dell'Armata Rossa, la morte di Hitler e degli altri gerarchi nazisti e infine la lenta, faticosa ripresa della vita. L'autrice ha voluto restare anonima da quando il libro vide per la prima volta la luce negli anni Cinquanta e fu accolto, soprattutto in Germania, con un senso di fastidio, anzi, di esplicito rifiuto. Decise allora di vietarne ogni riedizione finché fosse rimasta in vita. Solo dopo la sua morte, avvenuta nel 2001, Hans M. Enzensberger ebbe l'autorizzazione a riproporlo. "Una donna a Berlino" ci mostra il destino - purtroppo ricorrente in ogni conflitto, anche ai giorni nostri - di migliaia di donne costrette a subire gli stupri da parte dei soldati e, senza autocommiserazione né revanchismo, conserva la capacità di discernere e di valutare su chi ricada in ultima istanza la responsabilità della tragedia tedesca. Prefazione di Anna Foa. Introduzione di Hans M. Enzensberger.
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