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Editore: Zanichelli
Reparto: Diritto
ISBN: 9788808820822
Data di pubblicazione: 30/11/1999
Numero pagine: 368
La normativa fallimentare negli ultimi anni ha subito notevoli interventi riformatori che, pur nella loro frammentarietà e, talvolta, contraddittorietà, hanno comunque inciso sugli assetti di fondo della normativa medesima. Così, da una visione marcatamente autoritaria e afflittiva del fallimento propria della legge del 1942, che in fondo è ben riassunta nel brocardo medioevale 'decoctor ergo fraudator', si è passati ad una visione più moderna che tende a valorizzare le residue energia dell'impresa per consentirne il suo recupero e il suo reinserimento nel tessuto economico. L'asse dei rapporti fra i protagonisti della situazione d'insolvenza si è spostato decisamente verso la componente privatistica con la sempre maggiore dilatazione dell'autonomia privata e l'arretramento della posizione del giudice delegato e dell'autorità giudiziaria in generale. L'impianto tradizionale dei reati fallimentari è, però, rimasto invariato. Si è così venuto a determinare un irrazionale bicefalismo fra le fattispecie incriminatrici che sono tuttora saldamente ancorate alla tradizionale concezione punitiva del fallimento e la normativa civilistica che tenta di recuperare il valore dell'unità produttiva come 'universitas' capace di produrre ricchezza per la collettività e, in quanto tale, valore da difendere. La finalità della presente trattazione è quella di evidenziare quest'anomalia tra le due discipline (civilistica e penalistica) e le conseguenti criticità non certo superabili dal solo punto di vista ermeneutico, nella speranza che il legislatore e gli operatori del diritto ne acquisiscano piena consapevolezza e mettano mano ad un riforma che non può che essere organica e strutturale.
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