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Enigmatico e affascinante, il Discorso a Diogneto è un breve testo anonimo del tutto ignorato dagli autori antichi. Redatto tra l'inizio del II secolo e la fine del III, è giunto sino a noi in un solo codice ritrovato a Costantinopoli nella prima metà del XV secolo e costituisce un'opera stimolante, colta e teologicamente ricca. La concisa critica del paganesimo e del giudaismo e la presentazione agile ed efficace del cristianesimo presentano scorci grandiosi e coinvolgenti, ad esempio la prospettiva con cui sono accostati peccato e perdono. I cristiani vengono definiti "anima del mondo", espressione che il Vaticano II ha accolto nella Lumen gentium; essi "né per paese, né per lingua, né per veste si distinguono dagli altri uomini. Né in qualche parte abitano città loro esclusive, né parlano una lingua diversa da quella degli altri, né conducono una vita che sia fuori della norma". Tuttavia, essi "abitano ciascuno la propria patria, ma come stranieri; partecipano a tutto come cittadini e si adattano a tutto come stranieri. Ogni terra straniera è, per loro, patria; ogni patria è, per loro, terra straniera".
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