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Da secoli i filosofi considerano l'architettura una forma privilegiata di presenza, ovvero di materializzazione di un'idea: l'«ultima fortezza della metafisica», secondo la definizione che ne diede Jacques Derrida. Ma il lavoro degli architetti è anche pratica concreta, fatta di abilità tecniche, esperienza strategica, affabulazione, invenzione e conoscenza delle procedure. In questo libro due architetti e tre filosofi discutono sulle forme con cui i progetti di architettura possono avere efficacia sul mondo. Dal confronto emerge una ragione progettuale che riconosce la consistenza contingente dei propri fini, nonché la natura ibrida, al tempo stesso tecnica e sociale, dei propri mezzi. Testi di Alessandro Armando, Giovanni Durbiano, Maurizio Ferraris, Carlo Galli, Bruno Moroncini e un postscriptum di Tommaso Listo.
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