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Lo Stato regionale italiano ha attraversato diverse fasi senza approdare a un assetto stabile. La pandemia ha messo in luce la carenza di efficaci meccanismi di leale collaborazione e ha prodotto contrasti tra il Governo e alcune Regioni sui quali è intervenuta anche la giurisprudenza costituzionale. L'analisi del rapporto tra legislazione statale e legislazione regionale sottolinea l'intervento del giudice delle leggi con forti margini di libertà di apprezzamento derivante dall'incertezza del modello regionale. Continua a fare difetto una visione di insieme dello Stato regionale che faccia tesoro dell'analisi comparativa e di un'esperienza come quella tedesca di federalismo cooperativo e fondata su un assetto flessibile del riparto delle competenze. La riforma del Titolo V ha introdotto novità importanti, ma anche elementi di incertezza che hanno giustificato l'attività di «supplenza» della Corte costituzionale. Oggi la prospettiva dell'autonomia differenziata suscita preoccupazioni per un approccio di tipo divisivo e fondato su intese quasi privatistiche tra Regioni e Governo difficilmente reversibili. Diversi sono i punti di vista sul futuro: da un lato si sostiene la necessità di una «riforma della riforma» (su autonomia differenziata, riparto delle competenze, clausola di supremazia), dall'altro si mette l'accento sulla attuazione di un sistema organico di redistribuzione delle risorse e di una rappresentanza delle Regioni a livello centrale. In questo quadro assume particolare rilevanza la tutela della salute che richiede politiche e strutture centrali volte a ridurre le distanze tra i servizi sanitari regionali.
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