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Fra il 1888 e il 1894 - gli anni di Falstaff - Giuseppe Verdi riportò su un taccuino i rendiconti mensili di entrata e uscita delle proprie finanze che, dopo il suo ritorno in grande stile sulla scena operistica con Otello, si erano fatte particolarmente dinamiche, fra prestiti, investimenti e diritti d'autore. È un oggetto unico ed eccezionale fra i documenti verdiani, lo specchio della modernità di un uomo che ha saputo coniugare l'esercizio artistico con il benessere materiale, la tradizione della borghesia agraria con le nuove prospettiva della finanza, senza mai perdere di vista i bisogni di chi era più svantaggiato. Pagina dopo pagina, gli introiti e le spese scanditi da una implacabile regolarità cominciano a evocare i momenti del mondo di Verdi, la meticolosità nell'annotare i resoconti trimestrali, le sue incertezze nell'acquistare azioni, le fastidiose spese per impreviste questioni legali, la liquidità nelle casse domestiche a Sant'Agata e a Genova, i proventi dell'ultima opera, e il silenzioso acquisto di un terreno a Milano che da lì a pochi anni accoglierà la Casa di riposo per musicisti da lui voluta con tanto accanimento. Quella stessa Casa di riposo, oggi Fondazione Giuseppe Verdi, ha ora acquisito questo prezioso documento, che viene pubblicato qui in riproduzione con trascrizione e un apparato di note, di informazioni e di contributi saggistici per guidare il lettore nel ginepraio delle cifre e delle criptiche annotazioni verdiane, trasformando l'apparente aridità dei numeri nella vitalità dei gesti quotidiani. Prefazione di Roberto Ruozi.
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