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Come si conciliò la cultura professionale della polizia con un regime totalitario quale quello fascista? Quanto e come il fascismo cambiò la polizia? Le fonti prodotte dalle istituzioni poliziesche - rapporti, relazioni, schedature ecc. - sono molto usate dagli storici. Ma troppo raramente questi si sono interessati alla vita della polizia come istituzione dentro il ventennio. Grande attenzione è tradizionalmente portata ad alcuni suoi reparti speciali (si pensi all'OVRA) ma ancora troppo poco ne sono stati oggetto di studio l'organizzazione, il funzionamento, il personale, le mentalità. Mettere a disposizione dei lettori e degli studiosi un'antologia de "Il magistrato dell'ordine" - unica rivista scritta da funzionari di polizia per i poliziotti ad essere autorizzata dal fascismo - può dare un importante contributo a conoscere meglio come era fatto, e come era cambiato, uno dei fondamentali strumenti di controllo e di repressione del regime. Può aiutare anche a intendere attraverso quali continuità, e quali discontinuità, dalla polizia dell'Italia liberale si arrivò infine alla polizia della Repubblica e della democrazia. Questo volume prosegue l'indagine sui saperi professionali delle polizie italiane, e quindi sulle polizie stesse, già avviata con la antologia del "Manuale del funzionario di sicurezza pubblica e di polizia giudiziaria", 1863-1912 (2015) e con la Antologia del "Bollettino della Scuola di polizia scientifica", 1910-1939 (2020), nonché con la prima edizione degli scritti di Salvatore Ottolenghi, Una cultura professionale per la polizia dell'Italia liberale e fascista. Antologia degli scritti, 1883-1934 (2018).
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