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La più bella pittura del mondo. Piero della Francesca nelle parole e nello sguardo di scrittori, poeti, artisti
Brilli Attilio

La più bella pittura del mondo. Piero della Francesca nelle parole e nello sguardo di scrittori, poeti, artisti

Editore: Aboca Edizioni

Reparto: Pittura

ISBN: 9788855230841

Data di pubblicazione: 14/10/2021

Numero pagine: 264


35,00€
Facile da trovare

Sinossi

In questo saggio, Attilio Brilli offre un modo nuovo di confrontarsi con l'opera di Piero della Francesca attraverso le parole di narratori, saggisti, poeti, artisti, scienziati, filosofi appartenenti a nazionalità e a tradizioni culturali diverse - come Aldous Huxley, Albert Camus, John Dos Passos, Iris Murdoch, Giorgio Bassani, Giuseppe Ungaretti, Piero Calamandrei, Mario Luzi, Fernando Botero, Yves Bonnefoy, John Berger e molti altri. Le loro riflessioni mettono in luce aspetti dei capolavori dell'artista che hanno poco a che fare con la storia dell'arte. In questo volume, infatti, Piero non è più un oggetto di analisi, bensì un soggetto capace di interagire con il mondo contemporaneo. Mentre non avrebbe alcun senso parlare di viaggio o pellegrinaggio con riferimento a Raffaello, Michelangelo, o Caravaggio, l'unico modo per conoscere Piero è sempre stato quello di andare a cercarlo nella sua terra. Piero rappresenta proprio il caso di un artista le cui opere sono comprese nell'ambito di un percorso breve e circoscritto che ha come baricentro Sansepolcro e come terminali Arezzo a ovest, Urbino e Rimini a est. Muoversi lungo questo asse - definito a livello internazionale "The Piero della Francesca Trail" - significa ricalcare i passi del pittore che soleva viaggiare presso le corti dei Montefeltro e dei Malatesta. Un itinerario che ci remunera con il ciclo della Leggenda della vera Croce di Arezzo, con la Madonna del parto di Monterchi, con la Resurrezione, la Madonna della Misericordia e il frammento del San Giuliano di Sansepolcro, con le tavole della Flagellazione e della Madonna di Senigallia di Urbino e con l'affresco malatestiano di Rimini. Piero della Francesca è caduto fra noi, alle soglie della contemporaneità, come uno di quei meteoriti così rari che sembrano non poter essere accostati a nulla che sia venuto prima di loro e ai quali, dopo, nulla assomiglia. Reperto raro e prezioso, è stato oggetto, e in parte lo è tuttora, di un culto presuntuosamente elitario, intimamente esclusivo. Si possono avere confronti diversi con le sue opere. Certi loro frammenti possono baluginare inattesi nella memoria, come i cavalieri della Battaglia di Costantino che compaiono in Another Life di Derek Walcott. E si può reagire come Tarkowskji, ammutolito dinnanzi alla Madonna del parto destinata a diventare l'icona madre del film Nostalghia; o come Mario Luzi, stordito dal portentoso, improvviso «agguato» tesogli a Sansepolcro dalla Resurrezione. Questo momentaneo venir meno, questo accavallarsi di interferenze memoriali sono la percezione della genialità umana che interseca il flusso temporale e lo sospende. È in questa sospensione inattesa che si realizza la smemorante simbiosi tramite la quale al visitatore è dato partecipare della fragile "eternità" dell'opera d'arte.

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