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Dall'Arca dell'Alleanza al segreto dei teschi di cristallo, dall'America all'India passando per il Vecchio Continente, sfidando predatori, spie e militari, ora nazisti, ora sovietici: attraverso l'immaginario storico, geografico, ma soprattutto mitico a cui attinge la saga di Indiana Jones - film di immenso successo, ma anche telefilm, fumetti, videogiochi - il genio di Lucas e quello di Spielberg si cimentano in una sfida creativa che ha pochi analoghi nella cosiddetta cultura di massa. Una cultura rivolta all'entertainment, certo, ma non per questo ingenua o superficiale. Non stupisce dunque che nelle avventure di Indiana Jones sia presente una vera e propria visione del mondo, articolata e complessa. Un'immagine dell'uomo, un senso della vita, delle vicende terrene, del potere e della forza, che trovano espressione nella formazione e nelle avventure di un personaggio che affonda le sue radici sia nel mondo del mito e del simbolo sia in quello della cultura di un'epoca, ovvero di quel "secolo breve" in cui le società sono mutate radicalmente. Ecco allora che, se un grande filosofo come Heidegger sosteneva che le radici del pensiero genuino andassero cercate nel linguaggio poetico, altrettanto si potrebbe dire per il linguaggio filmico, perché anch'esso trae ispirazione da quel mondo immediato e inconscio da cui emergono le immagini primordiali, la trama subliminale che ispira ogni grande pensiero e ogni grande cultura.
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