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Il legame sempre più stretto tra pensiero femminista e universo utopico-distopico - che assume particolare rilievo a partire dagli anni Settanta del Novecento, ma che non è assente nei decenni precedenti del XX secolo - ha dato adito allo sviluppo di una produzione di romanzi distopici che possono essere definiti vere e proprie scritture di libertà. Leggendo questo fenomeno da una prospettiva sociologica, emerge come nelle non poche distopie opera di scrittrici si possa individuare una critica a possibili società future in cui germi individuabili nel presente si siano pienamente realizzati accentuando disuguaglianze di genere, assetti oppressivi, minacce all'autonomia e ai diritti delle donne. I temi analizzati in questo volume - la libertà di parola ("Vox" di Christiana Dalcher), le problematiche legate alla maternità ("La casa futura del dio vivente" di Louise Erdrich), la gestione del potere ("Ragazze elettriche" di Naomi Alderman), le ricadute della biotecnologia ("Avrai i miei occhi" di Nicoletta Vallorani) - sono solo emblematici di questo processo culturale, ma certamente non ne esauriscono la complessità. Tuttavia, rispettando quello che sembra essere il compito della produzione distopica, la loro analisi consente di denunciare il pericolo di situazioni che, già presenti a diversi livelli di profondità nelle società contemporanee, potrebbero realizzarsi in un futuro anche non troppo lontano, portando a esiti distruttivi per le donne e di conseguenza per l'intero genere umano.
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