Fiorenza e il Giglio della Cittade di Cosimo I de' Medici: Eleonora di Toledo, il padre Viceré, la Matrigna e l'Efebo. Trascrizioni da tomi a stampa e da manoscritti inediti coevi di Bascetta Arturo - Bookdealer | I tuoi librai a domicilio
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Fiorenza e il Giglio della Cittade di Cosimo I de' Medici: Eleonora di Toledo, il padre Viceré, la Matrigna e l'Efebo. Trascrizioni da tomi a stampa e da manoscritti inediti coevi
Bascetta Arturo

Fiorenza e il Giglio della Cittade di Cosimo I de' Medici: Eleonora di Toledo, il padre Viceré, la Matrigna e l'Efebo. Trascrizioni da tomi a stampa e da manoscritti inediti coevi

Editore: ABE

Reparto: Storia d'europa

ISBN: 9788872971420

Data di pubblicazione: 24/04/2024

Numero pagine: 164

Collana: Dissertazioni & conferme


66,00€
Si fa attendere

Sinossi

Il Duca Alessandro de' Medici fece una brutta morte e Firenze stette sull'orlo del collasso. Ci pensò il Cardinale a richiamare il Consiglio dei 48 e a condurlo su un solo nome: Cosimo I, da paggio a pupillo del defunto. E quando questo sbarbatello salì le scale trovò già pronta la sedia per firmare l'accordo e calmierare il Ducato, benché appartenesse a un ramo cadetto dell'antica famiglia della prima cinta muraria. Le relazioni degli ambasciatori si moltiplicarono come veline, e le notizie, trascritte e sovrapposte, fecero il giro delle corti e dei principi d'Italia: Papa, Re e Senato veneziano ebbero di che ragionare. Non trascorsero due anni che il novello Duca fece proposta di nozze alla figlia del Viceré di Napoli. Eleonora di Toledo, col suo ricco corredo, e l'aiuto militare del padre contro Siena, sarebbe stata la scelta più sensata per una Duchessa e un Ducato. Le nozze furono belle, e i doni anche. Cosimo divenne un tiranno, ma non tradì Eleonora finché visse, neppure quando gli morì il padre sotto gli occhi mentre traslava le fontane dei giardini di Firenze e Napoli nelle nuove piazze di Palermo per ridare vita alle regge napoletane e fiorentine, a cominciare da Palazzo Pitti, che la Duchessa fece abbellire da pittori, ceramisti e cortigiani, come Tansillo, al seguito del fratello. Firenze faceva invidia ai Principi vicini che spiavano i fatti dell'intera provincia di Toscana e della capitale. Sapevano tutte le strade di accesso, il numero dei militi nelle fortezze, il tesoro ripartito in beni e in soldi. Dalla milizia di terra all'arsenale, le ricchezze dei Medici e dei Toledo, ormai stretti parenti anche dell'Imperatore, si moltiplicavano da un'ambasciata all'altra, lasciando che l'amore fiorisse a corte, per il bello, per le donne e per l'arte. Perfino la giovane amata dal defunto Viceré, divenuta matrigna di Donna Eleonora, moltiplicò gli amori, lasciando sbizzarrire notai editi come Castaldo e inediti come Corona e Scipione Guerra. Ma Donna Vincenza, questo il nome della vedova allegra e fedifraga, arrivò a plasmare l'efebo del Cardinale Cibo, a sua volta rimasto a bocca asciutta, per scappare con Occhetto a Galatina. La guerra di Siena, pur rallentando il Rinascimento in Toscana, non frenò gli impulsi dell'amore, né la folla nelle aule e il via vai delle corti. La Firenze di Boccaccio e Guicciardini ritrovava l'unità in Europa, al pari del Regno di Napoli e più degli altri principi italiani abbarbicati sui confini come cespugli.

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