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Man Ray (1890-1976), pittore, fotografo, scrittore, cineasta, ha preso parte a molte delle più significative esperienze artistiche di questo secolo. Questa sua autobiografia, scritta con semplicità e umorismo, ne è la testimonianza più viva. Nei ricordi del settantenne artista prendono figura i "grandi" di questo secolo: Kiki di Montparnasse, Gertrude Stein, Picasso, Duchamp, Dalì, Max Ernst, Picabia, Éluard, Breton, Ezra Pound, James Joyce e molti altri. Come in un gioco di specchi, Man Ray parlando degli altri parla di sé. Rivendica la propria originalità, denuncia i torti subiti e saluta gli amici fedeli. Come egli stesso scrive, "in questo libro tutti i personaggi sono sfuocati, solo la mia immagine è netta". Eppure è un'immagine che sfugge, perdendosi in una miriade di sfaccettature. E così, di volta in volta, il lettore scoprirà una prospettiva diversa che illuminerà la figura sotto un'altra luce. Si avrà un Man Ray fotografo, un Man Ray pittore, e poi di seguito e senza fiato, amante, inventore, automobilista, fuggiasco, esule, incompreso, megalomane. Ma chi era, in definitiva. Man Ray? La risposta più convincente sembra essere ancora quella che Marcel Duchamp, suo amico di sempre, diede nel 1959: "Man Ray, n. m. synonime de Joie, jouer, jouir".
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