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Predicatore, rivoluzionario, ma soprattutto abilissimo oratore, Malcolm X è un'icona difficile da maneggiare. I suoi discorsi più celebri, pronunciati negli ultimi anni di vita e raccolti adesso in quest'antologia, testimoniano tutta la rabbia, ma anche l'evoluzione intellettuale e politica di uno dei più importanti leader della lotta per i diritti degli afroamericani. Enfant terrible del nazionalismo nero, quasi una sorta di Che Guevara metropolitano, agitatore delle masse povere dei sobborghi di Harlem, seguace devoto di Elijah Muhammad (a capo della Nation of Islam), persuaso dalla soluzione "separatista" e quindi acerrimo rivale dell'apostolo della nonviolenza Martin Luther King: Malcolm X ha descritto, più che il sogno, l'incubo americano. È solo in seguito ai suoi pellegrinaggi in Medio Oriente, tra il 1963 e il 1964, che approda a posizioni più complesse, prendendo le distanze dal suprematismo dei Black Muslim. Un distacco che non gli impedirà di rimanere critico nei confronti di quei «negri da cortile» che trasformano le rivolte in "marcette per la pace", e pur sempre convinto della legittimità della violenza quando necessaria. È grazie a questi discorsi che scopriamo un Malcolm X estraneo a ogni cliché. Sullo sfondo, invece, vediamo un'America dove democrazia e violenza sono inestricabilmente intrecciate l'una nell'altra, non tanto diversa, finalmente, da come ci appare oggi.
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