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Consuete e stravaganti raccoglie la prima produzione di Paolo Ruffilli, i versi scritti tra il 1970 e il 1992, quasi del tutto inedita, salvo qualche singola poesia uscita in rivista o in volume. E subito appare evidente la coerenza dell'autore, sulla scia di quanto ha poi pubblicato nel corso degli anni successivi. Anche a proposito delle sue prime poesie vale quanto ha scritto Luigi Baldacci: "La partitura musicale è la chiave per interpretare la poesia di Ruffilli. La sua riconosciuta 'leggerezza' è l'effetto e la virtù di una misura appunto musicale che consente all'autore qualsiasi scelta proprio perché per via di musica ogni sua scelta si traduce immediatamente in una soluzione. È la musica che gli consente di dar voce felicemente a qualsiasi tema e argomento di cui voglia parlare, anche il più ostico e apparentemente impronunciabile. È la musica che gli consente dunque di pronunciare le cose più ardue, rendendole semplici e coinvolgenti". E in qualsiasi passaggio di questa raccolta, anche ironico (Dediche) o scherzoso (Per i miei gatti, Tre mezzepoesie) o 'stravagante' (C'era una volta, La ballata del cavaliere impolverato), coerentemente con quanto notava Baldacci "il poeta Ruffilli è un musicista e trascina nella sua musica sempre le cose che contano, parlando insieme al cuore e alla testa".
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