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Confermato che l'Occidente è post-cristiano e che Dio "ha traslocato" nel sud del mondo, c'è la necessità di prendere consapevolezza di una "nuova geografia del cristianesimo". In tal senso, la fede cristiana è chiamata ad essere globale credendo nella formazione di "chiese fonti" e non di "chiese calco", sfidando l'ecumenismo a ripensarsi in chiave sempre più interculturale. L'interculturalità non è quindi solo una necessità, bensì un kairos, cioè l'occasione per interrogare la fede cristiana in un modo nuovo e inedito. Questa realtà ci porta a superare la cartografia coloniale per andare verso una nuova geografia della ragione teologica. Allo scopo serve un ecumenismo interculturale, che chiede di superare gli epistemicidi culturali e religiosi perpetrati dal pensiero coloniale di ieri e di oggi. Alla scuola delle comunità del sud del mondo l'ecumenismo impara che nessuna cultura ha il monopolio del vangelo e che nessuna religione ha il monopolio della verità: se una cosa è valida, un'altra le può stare a fianco. Il volume raccoglie i contributi offerti dai diversi relatori intervenuti all'interno di percorsi formativi proposti dall'Istituto di Studi Ecumenici di Venezia.
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