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Nel nostro mondo "surmoderno", dominato dall'immagine, si è instaurato un inedito regime di finzione mediatica che agisce sulla vita sociale al punto di farci dubitare della realtà. I reportage giornalistici, ridotti a infotainment, prendono sempre più la forma delle fiction e queste ultime, a loro volta, mimano il reale. Su Internet si allacciano idilli e si dialoga con interlocutori anonimi. Quasi senza accorgercene, stiamo passando a un tutto fittizio in cui le mediazioni che consentono lo sviluppo dell'identità, dunque la presa di coscienza dell'alterità e dei legami sociali, sono rimpiazzate dai media della solitudine. Quella fondamentale circolazione tra i tre poli distinti dell'immaginario - immaginario individuale (il sogno), immaginario collettivo (i miti, i riti, i simboli) e finzione narrativa - viene così alterata, sfaldando le frontiere che ogni cultura istituisce tra sogno, realtà e finzione. È cominciata la "guerra dei sogni", ci avverte Augé, che dopo averci portato alle fonti dell'antropologia sociale, ci chiama a una morale della resistenza.
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