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La rivoluzione bolscevica nel XX secolo mette in campo valori nuovi e li declina in forma nazional-popolare. Alla prova dei fatti, la Russia non ha retto al peso delle sue contraddizioni politiche, all'abbandono delle sue scelte ideologiche ed è crollata sotto i colpi di un capitalismo che ha saputo accrescere nel tempo la sua forza a discapito del modello primigenio sovietico. L'Europa, figlia del riassetto versagliese del 1919, vede il sorgere prima di latenti autoritarismi divenuti pian piano reali, e poi di una guerra atroce che non risparmia sofferenze e miseria che si trasformerà ben presto in una contrapposizione est-ovest acuitasi sul finire degli anni Ottanta per poi implodere nel 1989. Il ciclo si apre nel 1919 e si chiude con le stesse cifre poste in ordine diverso, il 1991. Oltre settant'anni in cui teorie e pratica si sono succeduti a colpi di eventi che hanno segnato le coscienze e incusso alla storia sterzate, talvolta, ma non sempre, anacronistiche. Le due potenze antagoniste, Stati Uniti e Unione Sovietica si sono ritrovate alle prese con una guerra "fredda" pronta a riscaldarsi alla prima occasione di scontro, fosse di natura ideologico, politico o sociale. In quest'arco di tempo, sullo sfondo di tale scenario, si alternano momenti di storia mondiale che difficilmente riuscirebbero a essere compresi senza tener conto delle caratteristiche di politica estera delle due superpotenze. In un'Europa in preda all'ennesima crisi di identità post-bellica si affacciano così teorie nuove che preludono all'Unione dei paesi occidentali secondo modelli e schemi proposti da politici europei teorici dell'unione economica, politica e monetaria del nuovo continente europeo.
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