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Luoghi e paesaggi sono presenti un po' in tutte le opere dello scrittore, compresa naturalmente l'opera maggiore, le Confessioni d'un Italiano, perché Ippolito Nievo amava molto la natura. Era un camminatore instancabile: a volte partiva dal castello di Colloredo e a piedi raggiungeva il mare, o andava in visita ai parenti. A queste estenuanti passeggiate, a volte trascinava i fratelli Carlo e Alessandro. Questa gradevole vita sociale della provincia veneta si fisserà nella sua memoria riapparendo nelle vivaci descrizioni del salotto di casa Frumier nelle Confessioni. Tra il 1855 e il 1856, scrive la maggior parte delle novelle campagnole, è un genere di moda in quel momento. Ma, come precisa Iginio De Luca nel suo Novelliere campagnuolo: «Nievo arriva naturalmente al racconto campagnuolo, che non costituisce un incontro casuale, un semplice esperimento letterario, ma l'atteggiamento fondamentale e il lievito della sua ispirazione narrativa». Fra le novelle campagnuole, che vengono pubblicate sui giornali a cui Nievo collaborava, va ricordata anche Il Varmo, una delle novelle più significative prima delle Confessioni. «Ed è importante perché ora l'idillio si rivela interamente come uno stato d'animo piuttosto che un genere letterario, oltre la maniera "campagnuola" che resta assorbita in un gusto proprio degli oggetti e del paesaggio, in una grazia nativa delle creature che agiscono».
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