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"Per me morire felici non significa morire senza malinconia né dolore, bensì andarsene consensualmente, accompagnati da una profonda soddisfazione e dalla pace interiore. Del resto, è questo il significato della parola greca eu-thanasia: 'morte felice', 'buona', 'giusta', 'lieve', 'bella'." In queste pagine uno tra i massimi teologi cattolici del nostro tempo, il grande ribelle Hans Küng, prende posizione su un argomento delicato e a lungo tabù, ribadendo con grande forza la sua posizione: il diritto di decidere quando morire non è in contraddizione con la fede e con il rispetto della vita perché il Dio cristiano è un Dio caritatevole e misericordioso, non un crudele tiranno che vuole per i suoi figli la sofferenza fine a se stessa. Le parole di Küng - da tempo membro dell'associazione elvetica "Exit", forse la più nota organizzazione al mondo che accompagna i malati inguaribili che desiderano essere aiutati a morire - smuovono definitivamente le acque del grande dibattito, perché per la prima volta un teologo cattolico si esprime apertamente a favore dell'eutanasia. La malattia del fratello Georg, ucciso a ventitré anni anni da un tumore cerebrale, i casi di premorte studiati dalla dottoressa Kübler-Ross e la demenza del collega e amico Walter Jens sono state le esperienze chiave che lo hanno portato alla convinzione che morire dignitosamente sia un diritto inalienabile.
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