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Medici che fanno i tassisti, architetti che vendono birra, istituti di ricerca abbandonati in mezzo a carcasse arrugginite di capannoni industriali: queste immagini sono ormai diventate comuni in molti paesi contemporanei. Antichi e pacifici vicini sono diventati nemici, apparentemente perché hanno riscoperto differenze religiose, linguistiche o culturali. Il nazionalismo sta sempre più lasciando spazio a conflitti tribali, etnici e confessionali. Pretese di autoriconoscimento e di superiorità morale hanno soppiantato la politica razionale. Questi non sono avvenimenti casuali, ma manifestazioni di un fenomeno chiamato demodernizzazione, osservabile dal Danubio all'Eufrate, da Kabul a Washington. È ormai un trend contemporaneo, ma ha anche una sua storia. In questo libro, composto da esempi pratici e intuizioni teoriche, diciassette studiosi tra storici, filosofi, sociologi e archeologi offrono la loro prospettiva sulla demodernizzazione attraverso un approccio sfaccettato. È suddiviso in tre parti: storia, teoria e casi di studio.
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