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Nel 2010 è uscito il Libro Rosso di C. G. Jung, postumo, motivo di scandalo, profanazione della privacy del maestro, oggetto di culto, strenna natalizia e merce mediatica, tra gotiche scritture e disegni ospitati alla Biennale di Venezia come espressione di un sapere enciclopedico visionario. Non sono mancati gli psicopatologi: Il Libro Rosso sarebbe l'evidenza della follia di Jung, soprattutto per i cultori della terapia infantile. Sono già usciti articoli, saggi, testi su questo libro, ne usciranno altri: il Libro Rosso si presta ad un infinito intrattenimento dell'esegesi. A differenza di altri commenti, questo non è dello storico, del filosofo, ma del clinico, per il quale il Libro Rosso è il prodotto di una autocura; una delle sue arti è l'automatico, un completo affidamento a un flusso energetico che si impone al soggetto. Il clinico non si stupisce, neanche del pandemonio dell'immaginazione di Jung, testimonianza del travaglio di un uomo che si trova alle prese con la più potente crisi della modernità mai vista, tra la prima e la seconda guerra mondiale, in un'Europa spezzata e frammentata, agitata da potenze distruttive e pretese di cura. l'immaginazione che oscilla tra il sublime e il tremendo fa emergere arcaismi millenari; ecco allora nel Libro Rosso la guerra, la religione, la magia, il sapere del cuore, l'anima mundi, l'umana natura, la saggezza del paganesimo, la morte, la vita verdeggiante. l'autore di questo testo attraversa i percorsi archeologici del Libro Rosso mettendo in evidenza i nessi che lo legano all'opera successiva di Jung. In questa prospettiva Jung partecipa all'avventura delle avanguardie, alle prese con i frammenti della soggettività europea e il suo invisibile sfondo, come Kandinsky, il surrealismo, Joyce ed altri.
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